DIARI

 

 

 

Autore: Sylvia Plath

Anno: 2004

Editore: Adelphi

 

 

Il nostro giudizio: Ottimo

Recensione: Cristina Giammito

 

TRAMA:

Raccolta delle parti salienti dei diari che Sylvia Plath ha scritto tra il 1950 e il 1962 e che furono pubblicati per la prima volta nel 1982.

 

RECENSIONE:

Il diario è una delle forme d'espressione più intime che ci siano; è lì in ogni momento, tela immacolata su cui imprimere le proprie emozioni. Nel caso specifico dei Diari di Sylvia Plath, è facile perdersi fra pagine diaristiche che si traducono nel puro riflesso di un'anima in perenne tempesta. È quasi impossibile non amare la sua penna, abile nel delineare un profilo tanto problematico quanto

brillante. Un'insicurezza percepita sin nel profondo e il timore di non riuscire a spiccare nel vasto panorama letterario le hanno strappato la vita dalle mani; eppure la sua eco presiede senza remore nei cuori di chi la legge, apprezzandone la minima parola che intinge il foglio e lo trasforma in un capolavoro.

La Plath, rendendo quasi palpabile il suo delirio, ha fatto sì che si creasse un collegamento con le generazioni successive, le quali hanno affondato le proprie menti all'interno di un conflitto irrisolto. Una donna talentuosa ha dato voce ad una sensibilità fuorviante, rivelando ciò che appare chiaro sin dalle prime frasi che compongono l'opera: la fragilità dell'animo umano. In essa compare prepotente un'estenuante ricerca ora d'amore, ora d'approvazione e riconoscenza per i suoi scritti che, quando respinti, la gettano in uno sconforto quasi corrosivo; ed è proprio quest'ultimo che pulsa tra le pagine come un cuore impegnato in un turbine emotivo, facendo credere che le stesse parole siano vittime di quel ritmo frenetico: un graduale decadimento morale, delusione progressiva, senso d'inutilità teso all'estremo.

Poi un numero interminabile di interrogativi: chi sono? Ho davvero la stoffa per essere qualcuno nel mondo? Ho la capacità di lasciare un segno permanente? Sarò mai una scrittrice o vivo in un'illusione che presto mi si sgretolerà addosso? Ma, in mezzo ad una miriade di riflessioni che s'accendono come fuoco, spunta trionfale un'esigenza che non può da lei esser tenuta a freno: la voglia di esprimersi, di fiorire tramite una scrittura che eccelle per la sua rarità, manifesto di una mente distante anni luce dal comune e pregna d'una vasta vena creativa. La parola che la Plath sceglie si erge ed assume un valore alto, cospargendosi della bellezza che fa dell'opera un gioiello artistico e conferendole un eterno legame con il mondo letterario. Un talento in grado di brillare di luce propria si scontra con la difficoltà nello stabilire un equilibrio col mondo e saperlo mantenere. Dopo aver terminato la lettura, è come se sia impossibile staccarsi definitivamente dalle pagine che conservano il suo genio; addentrati ormai nella sua mente, ci si rimane quasi aggrovigliati dentro, meravigliosamente abbagliati.

Se la sua conflittualità con la vita fosse stata annientata, ci avrebbe senz'altro deliziato con altre opere di un rilevante spessore. Sebbene la sua sia stata una prematura ed assai sofferta scomparsa, la Plath ha lasciato che le sue idee fluissero sulla carta tramutandosi in rappresentazioni tangibili della sua essenza. Sarebbe doveroso ringraziarla per aver tracciato col suo segno inconfondibile un pezzo di storia, rendendo così possibile una salda permanenza nel tempo.

 

CONSIDERAZIONI FINALI:

La mia considerazione in merito a questo libro è assolutamente positiva. Adoro il modo di scrivere della Plath, la sua eleganza narrativa e la naturalezza nell'esporre i propri pensieri senza bisogno di ricorrere ad artifici letterari. L'opera ha saputo emozionarmi come poche, coinvolgendomi e rapendomi al pari di un romanzo; il mio legame è tale da spingermi a rileggerlo, traendone maggior valore rispetto alla prima lettura. Consiglio vivamente l'opera scritta da una persona che, tramite le sue parole, mi ha arricchita considerevolmente.

 

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