NE' DI EVA, NE' DI ADAMO

Autore: Amélie Nothomb

Anno: 2007

Ed. Voland

 

Il nostro giudizio: BUONO

Recensione: Erika K. Biondi

 

TRAMA:

Amèlie decide di tornare in Giappone, il paese che l’ha ospitata fino all’età di cinque anni, s' iscrive a un corso di giapponese business, ma per migliorarsi si propone come insegnante di francese, la sua lingua madre.

Rinri, ragazzo ventenne di Tokyo la contatta: alto, bello, di buona famiglia.

 

Il rapporto insegnante-allievo ben presto sfocia in una relazione che catapulta la protagonista nella vita vera nipponica.

Le lezioni diventano un pretesto per conoscersi e la storia si snoda sullo sfondo dei luoghi propri del Giappone classico.

Un incontro tra usi e costumi lontani, tra oriente e occidente in una progressiva scoperta dell’altro vissuta con lo stupore e il rispetto nei confronti della diversità.

L’intelaiatura di fondo è molto semplice: una storia d’amore che il lettore vive attraverso gli occhi della scrittrice che ci fa scoprire che davvero Rinri si è innamorato e che la concezione di questo sentimento a soli vent’anni è diverso come lo intendiamo a ovest.

Amèlie rimane travolta da questo mondo e da un approccio tanto lontano da lei, però, nel momento in cui le verrà fatta la proposta di matrimonio, prenderà il sopravvento il desiderio di libertà che la porterà a fuggire. Lo rivedrà ormai scrittrice famosa, lui sposato, in una scena finale degna di un qualsiasi scenario giapponese che si rispetti e che non sarebbe tale se non fosse coronato da lacrime.

“Voglio darti l’abbraccio fraterno del samurai” e qui l’autrice rivive in quelle parole e in quel gesto tutte le emozioni che avrebbe dovuto provare in quegli anni. La conclusione: “Ero il samurai che doveva dedicare il libro al suo prossimo lettore”.

 

RECENSIONE:

Scrittura fluida e omogenea che tiene il lettore inchiodato al testo.

Meravigliose e delicate le descrizioni naturali, quasi una piccola guida di molti luoghi noti, soprattutto per chi ha avuto la fortuna di esserci già stato può rivedere con la fantasia questo particolare quanto splendido paese. Rilevante la scalata del monte Fuji e l’alba vista da lassù che assume quasi un significato simbolico proprio per il valore sacro che questo luogo ha per i nipponici; il sorgere del sole che pare quasi un messaggio di rinascita e rinnovo.

All’apertura del testo il lettore ritrova un tema caro da sempre: il ritorno alle situazioni dell’infanzia e a un “bucolico” riimmedesimarsi in un microcosmo parallelo di emozioni sopite e forse ormai irraggiungibili per via delle diverse dinamiche a cui la vita ci porta.

Un altro dei temi trattati è il problema dell’integrazione, che in un paese come il Giappone è molto forte: resti GAIJIN a vita, sempre e comunque, per quanto tu possa essere nato e cresciuto qua, tu possa frequentare un nipponico se non addirittura sposarlo: resterai sempre uno straniero (non a caso il termine assume una valenza negativa ). Lo stesso idioma è tanto distante da qualsiasi altra lingua occidentale.

Amèlie si è sempre sentita giapponese eppure questo suo viaggio a Tokyo le fa capire che deve ricominciare tutto da capo e la stessa storia col suo fidanzato diviene un tramite per ritrovare se stessa (bellissima anche la scena in cui si perde sulla montagna).

Ad un lettore attento la scrittura appare quasi istintiva, di getto, come a voler abbandonare la trama in favore di un parallelismo emozionale.

L’immagine usata sul testo ci fa pensare a un “samurai occidentale” che fa vedere il Giappone attraverso i suoi occhi, non a caso lo sguardo dell’autrice che volge verso un orizzonte immaginario.

Sul retro della copertina del libro una frase “ci si innamora di persone che non si sopportano, di persone che rappresentano un pericolo insostenibile…Nell’amore, io vedo un trucco del mio istinto per non assassinare l’altro”

Per l’autrice l’amore, per poter essere ricambiato deve avere angoli bui o difetti, qualcosa che faccia paura, ma attragga allo stesso tempo (per la cultura orientale il veramente bello e affascinante è irregolare e imperfetto) vede metaforicamente nell’amato un antagonista e il sentimento come un campo di battaglia in cui ti trovi ad amare l’altro quasi come a volerlo esorcizzare, “uccidere” un nemico ma anche la nostra interiorità che non riusciamo a mantenere in equilibrio.

 

CONSIDERAZIONI FINALI:

Né di Eva né di Adamo ci piace molto, non solo per l’amore verso il sol levante ma perché ci catapulta in una realtà vista attraverso gli occhi di chi ha un legame fortissimo con questa cultura e riesce a trasmetterla attraverso le parole.

Non so che effetto farà al pubblico in generale, ma di sicuro a me ha fatto venire voglia di ritornarci.

Buonissima lettura a tutti.

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