LA BOTTEGA DEL CIOCCOLATO

 

 

Autore: Philibert Schogt

Anno: 2003

Casa Editrice: Garzanti

 

Il nostro giudizio: MEDIOCRE

Recensione: Erika K. Biondi

 

TRAMA:

Joop Daalder è il proprietario di una rinomata cioccolateria di Toronto che si trova a dover affrontare l’avvento dell’epoca moderna.

Libro sulla vita del protagonista, nato in Olanda da una famiglia di artisti in una realtà in cui la passione per il cibo e il cioccolato lo emarginano, saga familiare che fa da sfondo alle dinamiche sentimentali contrastanti in cui l’orgoglio è il logaritmo che porta a una sorta di felicità/infelicità e alla ricerca della perfezione.

Non è un romanzo sul cibo, o meglio non solo, ma il confronto tra culture diverse che delineano il divenire del personaggio principale, il quale si ritrova a ripercorrere in un immenso flashback, la sua vita e, ormai in là con gli anni a dover fare i conti con le sue scelte passate. 

RECENSIONE:

Il titolo potrebbe trarre in inganno e far pensare a un romanzo per “signorine annoiate” di quelli che leggi sotto all’ombrellone per rilassarti, in verità è ben altro: Joop ripercorre la sua vita nei ricordi, si pone le domande esistenziali di rito mettendosi in discussione. Personaggio che alle prime battute risveglia un sentimento di compassione: l’attività che sta scendendo la china del tramonto, spazzata via dal nuovo centro commerciale che apre in zona, l’industrializzazione di massa, asettica, che si eleva sul prodotto curato e artigianale; con lo scorrere della narrazione, però la percezione che si ha cambia e risveglia nel lettore una forte antipatia. Uomo egoista e perfezionista in maniera maniacale con considerazione pari a zero per i sentimenti in favore del gusto: un’albicocca succosa e matura risveglia emozioni forti, talmente travolgenti da determinare la svolta decisiva “Assaporo dunque sono”, una sorta di Shakesperiano “Essere o non essere” nel dilemma della vita con la differenza, in questo caso che la frenetica emozione ha il sopravvento sulla ragione.

La storia fa riflettere e insinua il dubbio sui veri valori della famiglia e sullo stare al passo con il processo economico: Joop nasce in Olanda dopo la guerra e la madre non nasconde il fatto che la sua venuta sia stata un incidente di percorso, dal nome frettoloso che gli viene “affibbiato” senza tanti fronzoli alle continue lamentele della stessa, terzogenito di una realtà culturalmente elevata, una sorta di borghesia in decadenza in cui nessuno sa fare bene nulla per vivere se non dedicarsi alle arti; egli scopre ben presto che le ambizioni sono altro e ricerca nelle praline l’espressione della perfezione in un crescendo di mettersi in discussione e vivere in funzione di se stesso.

Romanzo lento e noioso, a tratti con qualche sporadico barlume di ironia, ma poco digeribile.

Raramente mi sono trovata una rosa di personaggi tanto sgradevoli tutti insieme anche se ben descritti e definiti, forse, a mio parere a discapito del paesaggio circostante; salvo solo Emma, la moglie, l’unica che supporta e sopporta veramente e che quasi si annulla in funzione del marito.

Joop cerca di redimersi quando si rende conto che la sua esistenza in perenne conflitto per raggiungere un “paradiso sensoriale fatto di praline” resta una chimera destinata a cadere sotto i colpi della modernità e della richiesta di mercato che evolve di continuo, metabolizza che la vita e gli affetti gli sono ostili e cerca di ricucire strappi ormai irrimediabilmente assestati fino ad un epilogo che lascia l’amaro in bocca e un inspiegabile senso di vuoto e di piccolezza.

CONSIDERAZIONI FINALI:

Generalmente credo che un libro debba trasportare e ne sono fermamente convinta, in questo caso ho avuto l’impressione di leggere la storia noiosa di una persona noiosa in una trama ancor più noiosa: di noia ne abbiamo?

Troppi personaggi, tutti troppo antipatici, pedine di un disegno con TROPPO di tutto, non so come rendere il concetto; l’idea di Schogt poteva anche dimostrarsi valida, ma credo fermamente che abbia dato vita a un tomo destinato a rimanere in un limbo tra la polvere delle librerie per la lentezza cosmica dei contenuti e per il piattume dei personaggi tutti talmente  sgradevoli da essere quasi irreali. Una commedia grottesca che risveglia l’insofferenza in chi legge.

Non lo sconsiglio su tutta la linea ma credo, per quel che mi riguarda, che metterò questa noia nel dimenticatoio dei libri letti e poco apprezzati.

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