Autore: Ambra Angiolini

Anno: 2020

Editore: Rizzoli

Il nostro giudizio: Ottimo

Recensione: Cristina Giammito

 

 

Trama:

 

Ambra Angiolini si racconta in un aspro resoconto della sua esperienza bulimica: un viaggio senza filtri nel tunnel disturbante che ha caratterizzato un pezzo indimenticabile della sua vita dal quale ne è uscita vittoriosa.

 

Recensione:

 

La ricerca dell'equilibrio prevede una quantità non calcolabile di ostacoli. La natura dell'uomo è fragile ed impone continuamente un'innumerevole serie di prove: c'è chi non ne esce vivo, chi spezzato e chi invece ha la fortuna di rimanere nella propria inscalfibile interezza.

Dietro la notorietà di Ambra Angiolini si nasconde uno sguarcio di vita consistente e scombussolante, oltre che pungente e tinto d'amarezza. Divorando avidamente le pagine del suo primo romanzo è difficile credere che il suo viso grazioso sia legato a vicente dallo spessore drammatico elevato. La lettura provoca quasi un effetto claustrofobico, come se il lettore stesso fosse alle prese con una pratica la cui ripetitività non lascia spazio al controllo razionale. “La bulimia non sono io, è il mio modo d'amare.” La fonte del suo disagio si traduce in un desiderio incontenibile d'amore cercato per lungo tempo, capace di riempire un vuoto che nel frattempo è divenuto dentro lei voragine, un pozzo scuro dalla profondità indefinita. Ambra si sveste della sua usuale apparenza artistica – quella talentuosa e solare – per macchiare la pagina della sua sofferenza, renderla visibile e palpabile stimolando nel lettore un'empatia straordinaria. La narrazione è, inoltre, il riflesso di una realtà forse minimizzata, forse nascosta da cumuli di banalità che dimezzano la potenza della sua letalità; eppure, c'è chi si ritrova in quelle parole cariche di malessere radicato, suscitando la riflessione su una malattia invisibile ma presente.

L'attrice scende sempre più giù, sprofonda nei meandri di un disturbo che l'ha vista succube, una pedina tra mani decise ad annientarla. La bulimia non è stata per lei solo un nemico da distruggere, bensì una parte di sé con cui ha convissuto arrivando quasi ad annullarsi; fortunatamente, alla fine l'ha vista sparire pian piano dalla sua persona, favorendo la pienezza tanto voluta di un trionfo idolatrato. “Esploro me stessa da troppi anni ormai, ho fatto tour 'd'interni e d'esterni' ma non ho una risposta che mi sazi, che mi aiuti a sedare questo languore costante proprio al centro della pancia.

La sua cruda testimonianza, condita di abbuffate e sensi di colpa, genera un piacevole contrasto con lo stile autoironico della sua scrittura: si percepisce dunque una leggerezza solo apparente, arricchita dal peso indiscutibile di un contenuto ingombrante. Parlare di sé stessi implica un coraggio che non sempre si riesce ad esternare; difatti si preferisce nascondersi dietro una maschera di intoccabile garbo ostentando una falsa stabilità che fatica poi a reggersi in piedi. “Annaspo nei giorni che seguono, finché approdo su un isolotto che non avevo previsto. Si chiama 'aMati', che letto così non è male, anzi.” Ambra ha accantonato la sua immagine pubblica per mettersi a nudo, evidenziare il proprio malessere passato, una creatura diabolica che sembrava essersi radicata dentro di lei ma che è poi volata via riducendo i suoi tormenti in polvere.

“InFame” è un libro le cui frasi rimangono impiantate dentro senza mai più uscire; scorrono leggiadre facilitando l'assimilazione di concetti duri da digerire, di emozioni contrastanti e riflessioni amare e dolci e, allo stesso tempo, graffiano lasciando segni indelebili.

 

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