Anno: 2020
Autore: Davide Farinella
Ed. : Calibano Editore

 

Il nostro Giudizio: Molto Buono

Recensione: Alessia Priori

 

Jack Kerouac descrisse la Beat Generation come “un gruppo di bambini all’angolo della strada che parlano della fine del mondo”; probabilmente Davide Farinella scrive le proprie poesie ad una scrivania, ma il messaggio di Bow of Perception è lo stesso: crudo, schietto e privo di sconti, sia figurativi, sia lessicali.

 

La Raccolta

Le 214 pagine contengono più di sessanta poesie in versi liberi, di varie lunghezze e contenuti, divise a loro volta in otto sezioni da titoli provocanti e talvolta paradossali, quali “Ercole si consola nei fast food” o “la morte mi ha stretto la mano per farmi le condoglianze”. Già da questi dunque si capisce quale file rouge lega i frammenti di pensiero del poeta: il mondo urbano contemporaneo. Tale infatti è il background perfetto per mettere in evidenza la trasvalutazione di valori odierna e la perdita di ogni orientamento morale. Gli idoli della mente umana vengono messi tutti sullo stesso piano, Ercole, Dio, Babbo Natale, per poi essere smascherati nella loro vacuità con un linguaggio pungente e cinico.  La poesia di Farinella è pertanto una poesia nichilista, che non inneggia al cambiamento, ma si lascia cullare nel caos insensato del mondo contemporaneo.

 

“Come affacciarsi all’arte, pensando, tra le righe di un foglio bianco”

 

“Ci sono giorni inutili, come me”, due righe per introdurre una raccolta di poesie che parla della percezione del nulla. Gradualmente la sezione di introduzione fa scivolare il lettore in questa dimensione urbana che non ha alcuna differenza con la realtà che ci circonda, ma che viene filtrata attraverso uno sguardo disincantato. Con gli stessi occhi privi di speranze si guarda a foto in bianco e nero, scattate in un tempo in cui andare in guerra, combattere per la patria, aveva un valore: oggi il poeta afferma senza neppure domandarselo che un uomo costretto da altri a combattere una guerra che non gli appartiene, non è un uomo, né ora, né mai. Così i volti dei soldati diventano quelli di automi e i martiri perdite senza alcun risvolto.

 

“La morte era l’unica cosa che volevo tenere solo per me”

 

Nella seconda raccolta la morte fa da protagonista. Non è tuttavia la bella fanciulla morte decadente, né lo scheletro incappucciato con cui giocare a scacchi: è uno stato dell’essere da non discutere. La morte aleggia sugli amici, sui parenti, su se stessi e si rivela una meta imprescindibile a cui però il poeta guarda solo con il corpo. Si attiva infatti un processo di depersonalizzazione nel vivere il lutto sia di altri, sia proprio, tale che la tristezza perde la sua fonte emotiva e diventa un automatismo e l’inferno e il paradiso si degradano ai livelli più infimi.

 

“L’incanto dell’attimo è rovinato solo dal ricordo”

 

Questa è forse la sezione più strana di tutta la raccolta: una collezione di poesie nostalgiche e non che parlano di viaggi, stagioni, natura e uomini. Gli argomenti prettamente romantici non si spogliano della patina post-modernista e mantengono il vocabolario licenzioso, onesto e diretto di prima. Il titolo VHS non ha un legame evidente con le altre poesie, che qui appaiono alquanto inorganiche. Che Farinella voglia tentare di riavvolgere il tempo con la propria penna, volare via dal presente e rivivere le stagioni all’incontrario?

“Il sesso è poesia senza vestiti”

 

Un amore finito male viene ricordato come una rivoluzione, un trip indotto da acidi, un gioco di manipolazioni, incontri e scontri. Le poesie d’amore sono un classico, ma anche qui il poeta è riuscito ad inserire la novità: incastrare temi contemporanei in forme avanguardiste. Questo è l’aspetto più coinvolgente della sezione, poiché permette al lettore di cercare le parole nella pagina bianca e di ricostruire perfettamente attraverso la loro posizione il dialogo e l’incontro, sia mentale, sia fisico, dei due innamorati. Inoltre è impossibile non sentire una certa simpatia a partire dal titolo, “Ercole si consola nei fast food”: un eroe forte e invincibile, proveniente da un mondo classico di purezza e virtù, distrutto dal sentimento più umano che esista, l’amore, riempie il suo vuoto con una soluzione prettamente contemporanea e piuttosto diffusa, il cibo.

“Ho visto l’Eden. Niente di che”

 

Morte, amore e ricordi: tra i temi più usurati della poesia non poteva mancare la religione. Così la sesta parte traduce in parole l’incontro tra il poeta e Dio, un incontro sicuramente non positivo. Come già anticipato, nella poesia di Farinella non esistono più gli idoli di una volta e anche la figura del Signore viene declassata reincarnandosi in un eroinomane, in un cane, in un nemico. Se egli abbia subito o no una perdita di fede, non ci è dato saperlo, ma ciò che è sicuro è che non è più possibile pregare credendo che andrà tutto bene o nascondersi dietro la religione per giustificare la propria ignoranza. La dimensione divina appare banale e quasi sciocca nel negare l’evidenza reale che ormai la fede di un tempo non ha fondamenti.

 

“Voglio raccontare qualcosa che non esiste, per far sì che lo diventi”

 

Nelle ultime due raccolte, dalle discussioni metafisiche, si ritorna alla dimensione urbana: gatti, cani, vecchi, bambini, corruzione e sesso. La passeggiata nelle strade si conclude con la poesia che da’ il titolo a tutto il libro: Bow of perceptions. Questa è una sorta di dichiarazione poetica; Farinella afferma che basta poco per cambiare il modo in cui vedere il mondo che ci circonda, ma è necessaria un vita intera per trovare il nucleo della realtà ultima. Fortunatamente questo non è il suo intento: non è né un fisico, né uno scienziato. Farinella è un poeta e se anche tutto ciò che lo circonda ha assunto dell’assurdo, non importa il perché. A lui basta dipingerlo con le parole così come è.
E noi possiamo dire che ci è riuscito.

 

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