Regista:  Steven Knight

Produzione: Stati Uniti d’America, Regno Unito

Anno: 2013

Attori: Tom Hardy

 

Il nostro giudizio: OTTIMO

Recensione: Francesco Izzo

 

Ivan Locke è un costruttore di edifici, ha una moglie e due figli ma una telefonata improvvisa sconvolgerà per sempre la sua vita. All’alba avrebbe dovuto presenziare al più importante incarico lavorativo mai ricevuto, una colata di cemento di cui è dirigente e massimo responsabile. Gli americani per cui lavora lo hanno incaricato in quanto è una figura impeccabile e affidabile, in pratica il migliore. La telefonata che segnerà per sempre il futuro di Locke è di una donna di nome Bethan. Prima di quella chiacchierata Ivan aveva un lavoro, una moglie e una casa, una vita apparentemente ordinaria; dopo le cose non saranno mai più come prima.

Steven Knight, creatore della serie Peaky Blinders, e sceneggiatore de La promessa dell’assassino, dirige questo film di circa novanta minuti, retti magistralmente da una vicenda messa in atto soltanto con l’utilizzo di un personaggio protagonista ed una sola ambientazione: una Bmw in movimento. Nessun altro attore vedremo recitare fisicamente, a parte le voci degli interlocutori durante i dialoghi telefonici in cui si alternano: Bethan, che chiama dall’ospedale di Londra, la moglie Katrina e i due figli che chiamano da casa e che attendono Ivan per guardare una partita in tv; Garreth, il capo furioso dell’azienda e Donal, un operaio polacco dalla condotta non eccelsa, a cui Ivan Locke scarica il pesantissimo barile da gestire durante la sua assenza.

Finalmente troviamo Tom Hardy senza maschera, nei panni dell’uomo comune, ruolo che gli è stato sempre accusato di evitare e che non gli aveva ancora conferito, ingiustamente, l’appellativo di grande attore. Con Locke emerge un lato che disegna alla perfezione un personaggio ed una storia talmente talmente vicina alla realtà che scopre una nuova faccia dell’attore, decisamente più introversa e intima rispetto ai precedenti ruoli più eccentrici e colorati come in Bronson, oppure con Bane in The Dark knight’s Rises.

Il ritmo è dettato dagli unici due elementi che troviamo sullo schermo: i dialoghi e la sua espressione facciale, in primo e primissimo piano. Un film senza troppi compromessi e tecnicismi sul senso di responsabilità e fragilità dell’animo umano capaci di stravolgere il sereno decorso delle nostre vite. Vite che vengono scosse da un atto di coraggio, da una scelta che automaticamente ci pongono bruscamente davanti ad un bivio, una nuova parentesi che verte al futuro sacrificando in pochi secondi il presente, in modo da non avere nessun rimorso o rimpianto.  

Uno di quei film che inevitabilmente ti incollano allo schermo grazie ad un finale per nulla scontato. E come accade, quasi sempre, nei film in cui non si concretizza una cosa scontata, ciò che segna è la sensazione di vuoto e di amarezza che va via soltanto il giorno dopo. Un film notturno, cupo. Ideale in seconda serata. 

 

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