Regista: Ralph Fiennes

Anno: 2018

Produzione: Stati Uniti

Attori: Oleg Ivenko, Adele Exarchopoulos, Ralph, Fiennes

 

 

Il nostro giudizio: OTTIMO

Recensione: Marypollon

 

Sono un contadino dell’Unione Sovietica, un ragazzo nato su un treno, ho il dovere di dimostrare al mondo che sono il migliore.

 

Un’opera sull’incontro tra arte e desiderio di libertà, questa che rappresenta il terzo film da regista di Ralph Fiennes,  intitolato The White Crow,  e che sceglie di raccontare la vita di Nureyev, soprannominato appunto il tartaro danzante , the White Crow, il corvo bianco in un biopic atipico, che tratta dagli esordi in Unione Sovietica al tour in Francia durante il quale chiese l’asilo politico per sfuggire al regime sovietico.

La scintilla per il film nasce dalla lettura che Fiennes fa della biografia dell’artista , scritta da Julie Kavanagh dove l’autrice narra la gioventù del ballerino nella città di Ufa , nella Russia Centrale degli anni 40, e gli anni da studente di danza a Leningrado (oggi San Pietroburgo) e poi la cruciale decisione di chiedere asilo in occidente nel 1961.

Erano a quanto pare almeno venti anni che Ralph Fiennes covava una fascinazione per Rudolf Nureyev e per la sua storia, ovvero da quando aveva letto la biografia scritta da Julie Kavanagh sul leggendario ballerino dal titolo "Rudolf Nureyev: The Life". Della quale di fatto questo Nureyev - The White Crow - sua terza prova dietro la macchina da presa - è un adattamento. Il film racconta infatti la vita del celebre ballerino dalla difficile infanzia nella gelida città sovietica di Ufa all'ingresso nella scuola di danza frequentata a Leningrado, e al successo.

 

Incontenibile e ribelle, a soli 22 anni faceva già parte della rinomata Kirov Ballet Company, che accompagnò a Parigi nel 1961, nel suo primo viaggio fuori dall'Unione Sovietica. Gli ufficiali del KGB, però, diffidano del suo comportamento anticonformista e della sua amicizia con la giovane Parigina Clara Saint. Le sue intemperanze ebbero inevitabilmente conseguenze drammatiche, tanto da impedirgli di continuare la tournée.

 

Invitato a tornare in Patria per una esibizione al Cremlino, Nureyev si trovò a un bivio dopo il quale la sua vita non fu più la stessa.

Parliamo della storia del film : l’inizio delle riprese è stato nell'ottobre del 2017, con la ricerca di perfezione del protagonista, il suo essere "eccezionale" e il voler "essere il migliore in quello che faceva" doveva riflettersi nelle immagini che lo ritraevano.

 

Motivo di più perché la ricerca dell'autenticità voluta dal regista si estendesse anche alle location in cui si è girato: "La storia si svolge principalmente in due città straordinarie, Leningrado (San Pietroburgo) e Parigi - racconta Fiennes. - Abbiamo davvero combattuto per ottenere il budget per girare in questi luoghi, dato che Parigi è molto cara e la Russia ha particolari condizioni in termini di praticità e permessi. Ma tutti sentivamo di dover girare in questi posti. Avevamo bisogno di quella veridicità". Budget e permessi che han consentito di girare solo una settimana in Unione Sovietica, ma - dopo aver catturato gli straordinari esterni di San Pietroburgo alla fine dell'estate del 2017 - girando all'interno del museo dell'Hermitage, inclusa la stanza di Rembrandt.

 

Esperienza simile al Louvre di Parigi, 'invaso' per la scena in cui Nureyev è affascinato dal dipinto di Géricault "La zattera della Medusa". Anche se durante i sei giorni nella capitale francese Fiennes è riuscito a riprendere l'interno di vetro colorato della Sainte-Chapelle, gli interni e gli esterni del Teatro del Palais Garnier dell'Opera di Parigi, così come le strade della città e le rive illuminate dalla luna della Senna. La produzione ha poi optato per le più vicine strutture di Croazia e Serbia, soprattutto per quel che riguardava la ricostruzione degli interni.

Accenna all'infanzia povera e infelice di Nureyev, scegliendo una fotografia ai limiti del desaturato, e si sofferma, forse eccessivamente, sugli anni di apprendistato nella Leningrado degli anni '40, quando Rudolf è un ragazzo ribelle che non si sottomette alle regole e cerca di ridare dignità al ruolo del ballerino maschio. Poi il regista passa alla tournée parigina del Kirov Ballet e si immerge nel caos sfavillante e nella vitalità della Parigi dei jazz club e dei lungosenna, bagnandola di una tinta color crema che crea un bel contrasto con gli occhi azzurri del ragazzo prodigio e con il suo sguardo ammirato e insieme sfrontato.

Ci sono altri occhi azzurri nel film: sono quelli di Fiennes stesso nel ruolo del maestro di danza Alexander Pushkin, che poi è lo sguardo di The White Crow, che oppone il vecchio al nuovo, la rigidità all'apertura mentale, la conservazione dello status quo alla ribellione.

L'attore inglese sceglie con intelligenza di interpretare proprio questo ruolo, che testimonia del suo amore per il genio e del suo desiderio di inchinarsi ad esso

.A guardare la fotografia sulla sua copertina, risulta immediatamente evidente la somiglianza fra il grande danzatore di Ufa morto nel 1993 e Oleg Ivenko, il ballerino ucraino scelto come protagonista del film e preferito a una qualsiasi vedette che avrebbe messo in secondo piano il personaggio.

Appassionato di ogni arte, non solo della danza, Nureyev ha anche il tempo (a quanto pare realmente accaduto) di acquistare un set di trenini. Attratto da entrambi i sessi e affamato di esperienza personale, Nureyev si impegna a frequentare ballerini francesi, ed è attraverso loro che incontra Clara Saint (Adele Exarchopoulos), una giovane donna alle prese con una tragedia personale con cui stringe un forte legame . Niente di tutto ciò si perde nelle menti del KGB sovietico, guidate dalla sempre vigile Strizhevksy (Aleksey Morozov), che segue ogni mossa del ballerino e cerca di bilanciare la simpatia per un grande artista che crede nelle regole. In verità, Nureyev può essere difficile da comprendere, anche per i suoi amici. Sicuro di sé oltre il punto dell'arroganza ("Non ci vorrà molto prima che tutti sappiano chi sono"), è anche sensibile, facilmente offeso e posseduto da un terribile carattere.

Uno dei paradossi della defezione aeroportuale accuratamente descritta da Nureyev è che è stato il momento propizio e il risultato delle tattiche del KGB. "Non avrei mai avuto il coraggio di farlo", ha detto a un amico anni dopo, "a meno che non mi avessero spinto." Ma l'ha fatto, e il convincente "White Crow" ci fa capire come e perché è successo.

La migliore sequenza del film, perché è leggera in politica e pesante nei dettagli, riguarda la vera defezione. In queste scene, la posta in gioco della Guerra Fredda si è raramente sentita così pubblica: a Parigi mentre la sua compagnia si prepara a volare a Londra, Nureyev si reca all'aeroporto con una complice, la socialista francese Clara Saint (Adèle Exarchopoulos), che lo aiuta a pianificare la sua prossima mossa. Per Nureyev, la posta in gioco è personale. Teme che i sovietici lo mettano in prigione quando tornerà a Mosca, o peggio, mentre il governo sovietico si preoccupa principalmente delle apparenze. È una sequenza complessa di eventi, con molte parti in movimento, e Fiennes lo filma con ampia suspense.

 

Alcuni temi a me cari che emergono nell’opera:

 

Alcuni temi a me cari che emergono nell’opera:

l’idea che il genio sia una sorta di costante tensione verso la reinterpretazione delle energie altrui

 

It’s always the east, the energy comes from the east, even if the ballet was invented in France, the style is perfect but the SPIRIT is perfect, YOU TAKE THE STAGE

 

Ovvero il necessario ricambio delle energie, dettato da curiosità, da grandezza, dal genio, anche un po’ ammettiamolo da egoismo:

 

la trasformazione fisica necessaria, dolore ed energia, per arrivare alla magia, alla leggerezza della danza , lo sforzo , la totalizzante obbedienza alle regole.

la lotta tra il controllo, liberta, ciò che dobbiamo ad un’organizzazione, che ci ha nutrito e cresciuto, e il nostro senso di liberta.

       

Per finire con quello che è il tema per me più importante: il viaggio verso un mondo nuovo, ciò che si va a conquistare e ciò che di se stessi si perde inevitabilmente nel tragitto, nelle scelte , nello sradicamento.

 

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