Regista: Makoto Shinkai

Produzione: Giappone

Anno: 2013

Genere: sentimentale, animazione

 

Il nostro giudizio: DISCRETO

Recensione: Erika K. Biondi

 

TRAMA:

Due solitudini che si incontrano per caso in un giorno di giugno: Takao, studente quindicenne il cui sogno è di diventare calzolaio e che nei giorni di pioggia salta la scuola per recarsi al parco nazionale Shinjuku Gyoen a disegnare; Yukari, giovane donna ventisettenne, forse un'impiegata, che segue una dieta bizzarra fatta di birra e cioccolata.

 

Entrambi si trovano a ripararsi sotto lo stesso gazebo: inizia la consuetudine fatta di sguardi e gesti, uno studiarsi reciproco, poi parole formali, per finire a una conoscenza che libererà entrambi dallo stato di isolamento.

Del personaggio femminile non ci viene data nessuna informazione fino all'ultima parte della storia quando capiremo chi é e che ruolo ha nella vita del ragazzo.

 

RECENSIONE:

“Il giardino delle parole” esce nelle sale giapponesi nel 2013, un anno dopo approda in data unica in Italia senza grandi mediatizzazioni.

Shinkai, l'autore è un giovane regista classe 1973 con all'attivo poche opere, ma con recensioni positive, alcune delle quali che lo hanno persino indicato come possibile erede del grande maestro Miyazaki, anche se all'oggi non lo credo possibile vista la tangibile immaturità legata alla trama del film.

Il film dura poco meno di 50 minuti con un supporto quasi inesistente: una storia d'amore-evasione quasi racchiusa in una sorta di “bolla” virtuale e che regge solo perché “cucita” sulle bellissime scene del giardino. La minuzia dei dettagli è spettacolare tanto che lo spettatore si trova di fronte a una serie infinita di quadri in cui il verde brillante della vegetazione la fa da padrone e gli stralci visti rispecchiarsi sulle pozzanghere o nell'acqua mossa dalla pioggia ci offrono una sorta di microcosmo bucolico.

Della quotidianità di Takao scopriamo dalle scene esterne al parco, una realtà fatta di solitudine, la stessa che lo accomuna a Yukari. L'equilibrio subirà una forte rottura nel momento in cui scopriremo la vera identità di lei.

Dialoghi brevi e misurati tanto da apparire allo spettatore pieni di significato.

La percezione è di una malinconia velata e di una dolcezza propria della cultura giapponese come nella scena in cui lui prende delicatamente le misure al piede di lei e ne realizza le calzature.

Vorrei soffermarmi sul TANKA che fa da filo conduttore all'opera:

 

“Il rombo del tuono,

nel cielo nuvoloso.

Se dovesse piovere,

resterai con me?

 

Il rombo del tuono,

nel cielo nuvoloso.

E anche se non piovesse,

resterò con te”

 

CONSIDERAZIONI FINALI:

Nonostante la trama effimera l'aspetto visivo appare di grande impatto.

Ci piace perché Shinkai ha una profondità visiva e una maestria che non hanno nulla da invidiare a tanti “mostri sacri” dell'animazione giapponese, ci piace per la delicatezza della storia anche se trattata in maniera quasi affrettata soprattutto nella parte finale.

Molto piacevole “RAIN”, la colonna sonora che chiude il film.

Ho preferito la versione giapponese sottotitolata perché il doppiaggio in italiano ha tolto parte della profondità ai personaggi ma assolutamente da vedere.

 

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