Regista: James Mangold

Produzione: Stati Uniti

Anno: 2017

Attori: Hugh Jackman, Patrick Stewart, Boyd Holbrook

 

 

Il nostro giudizio: BUONO

Recensione: Alberto

 

Ultimo capitolo della saga dedicata all’eroe Marvel. Si capisce che ha qualcosa di diverso rispetto a tutti gli altri cinecomics già dal titolo. Logan, non Wolverine 3 o similari. E’ la prima volta che ci si sofferma sul nome della persona e non del supereroe che rappresenta. (Non si è mai visto che un’Iron Man venga chiamato Tony Stark, un Capitan America, oppure per passare alla DC Comics, un Batman o un Superman) Questo ci fa intuire come il regista, Mangold, voglia soffermarsi anche e soprattutto sugli aspetti della persona, fare un viaggio introspettivo, oltre che mostrare mera azione.

Effettivamente è proprio quello che succede. Nel film, ambientato in un futuro prossimo, 2029, si vede un Logan più vecchio, più stanco, ma anche più maturo. Si scopre fin da subito che è malato e questo gli crea gravi problemi, tali che ha difficoltà a tirar fuori i propri artigli. Ma in fondo c’è sempre chi sta peggio di noi al mondo e qui la cosa non cambia. Chi sta veramente male è Charles Xavier (Patrick Stewart), ormai alla quota di circa novantanni che soffre di una malattia neurologica degenerativa. Il più grande cervello della Terra che rischia di morire per un problema alla testa, umh... proseguiamo, in fondo non è una sceneggiatura originale. Insomma, ci troviamo catapultati dentro questa situazione quasi ospedaliera vicino al confine col Messico. I numerosi tentativi di rimanere nell’ombra ad autocommiserarsi in esilio finiscono quando una donna misteriosa affida un’altrettanto misteriosa bambina a Logan. Da questa rottura dell’equilibrio iniziale, comincia un’avventura che si traformerà anche in un viaggio interiore del protagonista.

Finalmente troviamo al cinema un Wolverine consapevole, maturo e non invincibile come al solito, (anche in “L’immortale” diciamocelo, non è mai parso così vulnerabile come sarebbe dovuto essere) appunto per questo quando può è veramente letale. Il film nella sua interezza segue una via piuttosto violenta ed estremamente cruda, al contrario di tutti gli altri cinecomics Marvel a cui siamo abituati (Deadpool escluso). Tutto il cast offre ottime prestazioni, Patrick Stewart si supera ed è paradossalmente alla sua condizione fisica forse il miglior Xavier mai visto. Non dimentichiamo però la figura della bambina, Laura, che pur essendo il suo primo e vero film, risulta davvero efficace e spietata. Buonissima anche la prestazione di Calibano, amico sempre fedeleai due protagonisti. L’una nota stonata nel contesto dei personaggi è il cattivo di turno, Donald Pierce (Boyd Holbrook) che non incide quanto dovrebbe e non sembra essere poi così pericoloso.

Grande prova per Mangold & Co. che alternano bei combattimenti con coreografie azzeccate, a momenti di riflessione, dialogo e qualche momento più ironico. Si trattano temi importanti, moderni, uno su tutti il razzismo. Fondamentale la tappa nella casa dei due contadini sia per portare avanti la narrazione sia per completare un’evoluzione interiore che attraversa Logan dall’inizio del film.

Ottima conclusione per una saga spettacolare che ha entusiasmato molti appassionati del genere e non. Il finale un po’ scontato, ma difficilmente poteva essere altrimenti, è comunque stata una maniera degna di terminare il tutto. La cosa che più rimane debole nell’insieme del film sono le due malattie che attaccano i protagonisti, sia quella del Professor X, che anche quella di Wolverine, in netto contrasto con la sua capacità di curarsi e rigenerarsi. Ma va bene così, la pellicola è bella e continua ad aprire una porta già succhiusa da film quali “La trilogia del Cavaliere Oscuro” di Nolan e “Deadpool”, per uno stile diverso dei cinecomics a venire.

 

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