Regista: Makoto Shinkai

Produzione: Giappone

Anno: 2016

Genere: animazione

 

Il nostro giudizio: DISCRETO

Recensione: Erika K. Biondi

 

TRAMA:

Un cielo notturno, una cometa, una pioggia di stelle cadenti: scenario che ha un sapore vagamente mistico, in bilico tra reale e fantastico.

Due protagonisti: Mitsuha, ragazzina adolescente di Itomori,  villaggio che si affaccia sul lago, sito in una natura quasi incontaminata e fortemente ancorato al passato e alle tradizioni locali, luogo che pare fuori dal tempo e dallo spazio in una dimensione quasi bucolica; Taki, studente di una

Tokyo moderna, dai ritmi di vita frenetici, circondato dalle comodità di una città all’avanguardia e cosmopolita in costante evoluzione, con un dopolavoro come cameriere e una quotidianità caotica.

Per una strana alchimia, durante la notte (circa due-tre volte la settimana), i due si scambiano i corpi e per un’intera giornata vivono la vita dell’altro come in un sogno, fino al mattino seguente poi, come nulla fosse tutto torna come prima.

La storia si dipana tra scene esilaranti, momenti di pathos e dinamiche che sono quasi fantascientifiche con un denominatore comune che è il “Tempo” e la famosa leggenda del “filo rosso del destino” che unisce anime affini nonostante le avversità della quotidianità, le differenze culturali e le distanze fisiche.

 

RECENSIONE:

E’ la seconda recensione che affronto del maestro Shinkai e nonostante le premesse lo vedano sulla falsariga di Miyazaki devo comunque ammettere che ancora siamo lontani dal traguardo nonostante il livello delle animazioni sia notevole, mancano però ancora diversi elementi: in patria attualmente è il quinto per incassi e primo non targato Studio Ghibli.

Anime arrivato quasi in sordina e proiettato per soli tre giorni nelle sale italiane, nelle date 23-24-25 gennaio 2017 ed è con grande, piacevole sorpresa che posso affermare che ha avuto una buon riscontro con utenti di fasce d’età differenti, il che mi porta a considerare che il prodotto comincia ad essere conosciuto ed apprezzato (vorrei a tal proposito ricordare “il giardino delle parole” e “5 cm per second”).

Atmosfera magica, delicata, dolcissima e fresca tipica dell’autore che affronta il tema dello scorrere del  tempo in maniera magistrale, associandolo alla metafora del filo che si intreccia a formare trame sempre diverse e affondando nelle radici delle tradizioni così come la leggenda del filo rosso di cui si accennava sopra, secondo cui non importa come si dipanerà il filo, quante volte si contornerà e si allontanerà, perché prima o poi le distanze si accorceranno e gli eventi si metteranno in modo da farsi incontrare di nuovo.

La nonna della protagonista spiega il concetto in più di un’occasione trascinando lo spettatore in attimi di riflessione quasi solenni intrisi della saggezza popolare e della cultura millenaria.

Mitsuha è come il passato: ordinata, composta, ligia alle regole della quotidianità, porta i capelli raccolti in una sorta di treccia a forma di infinito tenuta stretta da un filo rosso, è una delicatissima piccola sacerdotessa, custode di tradizioni e affetti familiari nonostante senta il peso degli obblighi e la voglia di evadere e fuggire nella caotica Tokyo.

Take è più svagato; quando passa ad essere lei non si pettina quasi, siede in maniera scomposta, si approccia sguaiato...eppure...eppure ognuno porta una ventata di aria fresca nella vita dell’altro/a e costituisce un acquisire una nuova consapevolezza e un apprezzare la propria realtà.

Ritmi in crescendo in un parallelismo di universi  che a un certo punto si intrecciano e si sovrappongono per un finale quasi fantascientifico. La possibilità di modificare il passato, di rivivere gli eventi di aprire porte temporali in un via vai tra scorso e moderno, simile alla cultura stessa anche se affrontato in maniera fantastica e associato al sogno in un saliscendi di attesa e ansia che tengono col fiato sospeso fino all’epilogo.

 

CONSIDERAZIONI FINALI:

Chi ha avuto il piacere di vedere il famosissimo “il giardino delle parole” ritroverà la delicatezza dello stile e la disarmante bellezza dei paesaggi, talmente curati e dettagliati da far quasi illudere di sentire i profumi del bosco e della natura con la sensazione di trovarsi all’interno della pellicola.

Colonna sonora impattante che riempie i momenti di silenzio nella storia, che colora i vuoti e regala solennità e spessore alla pellicola (non è la prima volta per Shinkai).

“Your name” è ricerca della felicità, attesa, gioia, è il comprendere che una singola azione può variare il corso degli eventi, è il riscoprire se stessi attraverso le diversità dell’altro, è la dimostrazione che non importa dove tu sia e quale sia il tuo nome perché gli eventi ti faranno arrivare dritto alla meta.

“Ovunque tu possa essere nel mondo verrò a cercarti e ti troverò”.

Purtroppo anche se i presupposti ci sono la pellicola non buca lo schermo: ritmi lenti e spesso ingarbugliati con sovrapposizioni che rendono il film poco scorrevole, causa anche della trama spesso scarna. Siamo ancora tanto lontani rispetto alla profondità emotiva di un Miyazaki, forse anche per una differenza d’età considerevole. Sicuramente Shinkai è in ascesa ma ancora la sua opera, per quanto gli elementi ci siano tutti, resta relegata all’anime da un sapore adolescenziale e piatto.

Da vedere perché piacevole, ma da affrontare con l’animo leggero e riposato onde evitare attimi di “ronfata cosmica”.

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