Regista: Leonardo Di Costanzo

Produzione: Italia

Anno: 2021

Attori: Toni Servillo, Silvio Orlando

 

 

 

 

Il nostro giudizio: BUONO

Recensione: Maria Giovanna

 

 

Ci troviamo in un carcere ottocentesco ormai in via di dismissione, situato in una impervia vallata, il personale di polizia penitenziaria festeggia la chiusura, ma al mattino successivo arriva una notizia che cambia il corso degli eventi. Il trasferimento degli ultimi dodici detenuti rimasti deve essere rinviato a data da destinarsi a causa di un disguido burocratico. Purtroppo, buona parte dell'enorme costruzione è in rovina, le cucine e tutti gli altri servizi sono stati dismessi, la direttrice viene inviata ad un'altra destinazione e i pochi agenti rimasti hanno l’obbligo di gestire la situazione venutasi a creare. I detenuti vengono riuniti in poche celle nel corpo centrale della struttura, rimanendo sotto il loro stretto controllo. Parliamo dell’ultimo film del regista Leonardo Di Costanzo, Ariaferma.

La pellicola è tutta ambientata all’interno del carcere, per vostra curiosità si tratta del ex carcere di San Sebastiano di Sassari, ponendo le basi di una “condivisione forzata” di spazio e, in parte, anche di destino sia delle guardie carcerarie che dei detenuti rimasti. Salteranno le barriere e gli equilibri che sono previsti all’interno di un ambiente carcerario creando una palpabile tensione fra i personaggi. L’agente Gaetano Gargiulo che per anzianità assumerà la direzione del carcere, interpretato magistralmente da Toni Servillo, si ritroverà ad essere sfidato da un pericoloso camorrista, Carmine Lagioia portato in scena dall’eccezionale Silvio Orlando, che giocando la carta del carisma che lo contraddistingue, scatenerà una rivolta utilizzando come scusante la chiusura delle cucine e proponendosi lui stesso come cuoco per tutti, carcerati e carcerieri.

In questa situazione di tensione arriva un giovanissimo detenuto, Fantaccini, che arriverà a sfiorare il suicidio dopo aver saputo che l’anziana vittima della sua maldestra rapina si trova in fin di vita. Sarà proprio il detenuto Lagioia ad aiutare il giovane in questo momento buio mentre Gargiulo continua a mantenere le distanze per affermare la sua totale disapprovazione nei confronti del camorrista.

I due uomini nella realtà hanno molte più cose in comune di quante loro stessi sanno di avere e vogliono ammettere. Sarà la stessa prigione, dove i ruoli solitamente sono prefissati, a levare le maschere che indossano e a mostrare il loro lato umano.

A livello internazionale il film è conosciuto con il titolo The Inner Prison, la prigione interiore e mai titolo è stato più azzeccato visto che la pellicola impone ai suoi protagonisti una introspezione che esula dal ruolo che essi stessi ricoprono all’interno del carcere. La libertà, come noi stessi la conosciamo, viene comunque negata perché non vengono mai a mancare le regole di condotta che una prigione impone ma il regista è riuscito tramite ogni singolo gesto, parola e musica a rendere viva la mancanza di libertà e il ventaglio di sentimenti che questa fa nascere in ogni persona.

Il regista mette in scena attraverso i due personaggi principali, Gargiulo e Lagioia, due microcosmi che sembrano, ma solo in apparenza, mai incontrarsi.

Di Costanzo decide di porre l’accento sull’aspetto psicologico dei personaggi mettendone in evidenza ogni singola sfumatura rendendoli in questo modo unici agli occhi dello spettatore.

 

 

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