Regista Gareth Evans, Corin Hardy, Xavier Gens

Anno: 2020

 

 

Il nostro giudizio: OTTIMO

Recensione: Maria Giovanna

 

Sono un’amante di tutto ciò che riguarda il crimine, i gangster sia che siano film o documentari o seri tv. Inizialmente quando ho iniziato a vedere la serie tv Gangs of London ho pensato subito che si trattava di un brutto tentativo di scimmiottamento di Gomorra. Come sempre non giudico un libro, in questo caso la serie, dalla copertina o dalla sola prima puntata. Possiamo parafrasare il grande William Shakespeare nell’Amleto quando dice c’è del marcio in Danimarca, in questo caso a Londra.

La capitale britannica viene trasformata in una metropoli dove, dietro i suoi grandi grattacieli e multinazionali, regna il caos più totale. I bassifondi cercano di impossessarsi della città sporcando la facciata pulita che appare all’esterno. Sullo schermo vediamo una metropoli europea dilaniata dagli scontri tra le gang che vogliono controllare il territorio a causa dell’improvviso vuoto di potere causato dalla morte del capo della famiglia criminale più potente di Londra. Lui è Finn Wallace, interpretato da Colm Meaney, che per 20 anni ha ricoperto il ruolo di criminale più potente della capitale britannica. Nessuno sa chi ne abbia ordinato l’esecuzione e spetterà al figlio impulsivo Sean Wallace, l’attore Joe Cole, prendere il posto del padre con l’aiuto della famiglia Dumani controllata da Ed Dumani, Lucian Msamati. Non tutti vedono di buon occhio l’assunzione di potere da parte di Sean e si innescano nel mondo del crimine internazionale ripercussioni tra le strade di Londra. Troviamo mafia albanese guidata da Luan Dushaj, i combattenti per la libertà curda, il cartello della droga pakistana, nomadi gallesi e altre organizzazioni criminali. Insomma non manca nessuno nello scenario criminale che i registi hanno pensato di mettere in scena. In Gangs of London ciò che la fa da patrona non sono i dialoghi ben strutturati ma bensì il tasso di violenza e crudezza che lo spettatore si ritrova ad assistere perché la violenza viene messa in scena è totalmente fuori controllo. Si basa tutto sull’azione cinetica, balistica e pirotecnica e non potevamo aspettarci niente di diverso dal regista Gareth Evans considerato il re indiscusso dell’action-fighting che viene affiancato da due altri colleghi conosciuti nell’ambiente Xavier Gens e Corin Hardy. Ritroviamo in questo modo scene di arti marziali e d’azione di altissima qualità e tasso di spettacolarità che fanno apparire la storia come un contorno a queste scene e non come la protagonista. Questo porta a rilanciare continuamente il plot narrativo che fatica a mantenersi a galla e a ridurre o dilatare, all’occorrenza, la durata degli episodi. Questo fa si che una trama che già in partenza è molto semplice, un figlio che vuole vendicare la morte del padre e prendere il suo posto per dare continuità alla famiglia, si intrecci con scene di azioni di fortissimo impatto che in una serie televisiva non si erano ancora viste. Ciò che è riuscito in pieno alla serie è l’essere riuscita a raccontare la malavita dal punto di vista della paura di morire, del rischio, della fatica e delle conseguenze fisiche che sono tutte personali. Infatti, se i nostrani malavitosi operano intrighi politici e di potere con altre famiglie e possono salvare o condannare una vita, in questo caso ritroviamo personaggi che lavorano fino allo stremo per raggiungere l’egemonia e il successo come vuole la tradizione britannica. La parte migliore di questa serie è come la storia viene mostrata più che come viene raccontata ma questo non significa che non ne valga la pena di vederla.

 

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