Regista: Ethan Coen, Joel Coen

Produzione: Stati Uniti

Anno: 2018

Attori: Tim Blake Nelson, Willie Watson

 

Il nostro giudizio: OTTIMO

Recensione: Maria Giovanna

 

Io sono cresciuta con un padre che amava i film western di cui conosceva alla perfezione, non solo le battute, ma anche le diverse location dove venivano girati. Non so se il film di oggi gli sarebbe piaciuto visto che è un mix tra western, commedia e dramma. La ballata di Buster Scruggs inizia con l’immagine di un vecchio libro di storie sul West che viene sfogliato pagina dopo pagina sullo schermo quasi come se fosse lo spettatore a muoverle.

Il film si compone di più episodi che i fratelli Coen dichiarano di aver scritto senza pensare di creare un film e che l’idea si è materializzata in un secondo momento. Il primo episodio parla proprio di Buster Scruggs, un cowboy canterino che oltre ad essere identificato come un vero e proprio usignolo, è anche un perfetto pistolero e uomo del West che sa difendersi anche in assenza di armi tra le sue mani. Si susseguono diverse altre situazioni, diligenze con un certo numero di persone stipate all’interno, possibili impiccagioni e altre certe ed anche cercatori d’oro.

I primi racconti riescono a far strappare allo spettatore dei sorrisi nonostante i rispettivi finali e, poi, piano piano si va a scemare per ritrovare un sorriso innaturale per alcune delle vicende narrate. Il livello qualitativo non cala mai durante tutto il film mantenendo intatto il livello autoironico che contraddistingue le opere cinematografiche di questi due registi. Infatti, nel vero far west si moriva spesso ma non per morte naturale e i fratelli Coen ci mostrano e ricordano le varie modalità, molto spesso del tutto inaspettate; cantando, conficcando buchi di pallottole in fronte e facendoci viaggiare all’interno di una diligenza dove ogni personaggio cerca irrimediabilmente sé stesso. 

Insomma, tirando le somme, nel film non manca proprio nulla: dai cowboy agli indiani, le pistole, i cavalli, i fuorilegge e i cacciatori di taglie, i saloon, gli eroi in bianco e i banditi in nero.

I registi hanno deciso di tralasciare l’aspetto prettamente cinematografico per concentrarsi più su un’idea, senza dover fare troppi giri di parole, un po’ come si faceva nei film girati in Italia negli anni Sessanta a cui i fratelli dicono di essersi ispirati per quest’opera.

Come recita il manifesto del film “Le storie vivono per sempre, le persone no” e, io aggiungerei, che con le persone purtroppo muoiono anche i sogni, le speranze e le ambizioni, era così nel vecchio west e continua ad esserlo anche ai giorni nostri. Infatti, per quanto una persona possa non amare questo genere di film, le storie che racconta, se venissero narrate all’infinito, porterebbero inevitabilmente a cantare quella stessa canzone o a leggere quello stesso racconto che va oltre il suo tempo e che viene trasferito da un’epoca all’altra.

 

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