Autore: Alessandro Pagani

Anno: 2018

Ed. 96 rue de-La-Fontaine

 

Il nostro giudizio: DISCRETO

Recensione: Sylvie Labella

 

Anche le formiche, nel loro piccolo, s’incazzano.

E l’incazzatura satirica di Alessandro Pagani ha la sua più alta espressione e fonte ispiratrice in Marcello Marchesi e nel citato filone di Gino e Michele. Con nuances che variano dal sottile non-sense alla più elaborata disarticolazione semantica del linguaggio. Fino ad approdare a vene di paradossale e di onirico, a volte anche solo semplici  oggettivazioni “tautologiche”. Per intenderci: per quelli come me che sono cresciuti a pane e Dylan Dog, ci sono anche freddure italianizzate alla Groucho Marx.... qualcosa di romantico riecheggiante “una suora che cade dalle scale? bianco/nero/bianco/nero”....

E siccome cito Graucho Marx, non possono mancare intuizioni veramente brillanti...

La ricerca dell’assonanza e della semantica, a volte anche solo in versione “puzzle” (c’è una vivisezione della parola che ritrova il suo impiego, smontando e ricostruendo universi paralleli, come in un gioco di “Lego”) ha sicuramente effetti esilaranti, a volte punte di autentica originalità.

Perché, come diceva Nanni Moretti, se “le parole hanno un senso”, allora anche il gioco di parole diventa un pluri-sensismo su diversi piani e ogni volta con diverse angolature: dall’etimologia ai giochi analogici e così via....un viaggio tridimensionale che fa riflettere...quanto più sembra, apparentemente, semplice, tanto più non lo è. Rifuggire dalla noia, costruendo il proprio mondo interiore.

Siamo noi che creiamo la nostra realtà, e niente come il linguaggio è espressione del nostro essere.

“Be hungry, be foolish”.

“Io mio libro” ha il pregio di valorizzare l’humor e la voglia di cercare (e di trovare)  il lato assurdo anche delle cose considerate “banali”. Osare a vedere la realtà da un altro punto di vista... Così nascono nuovi orizzonti: universi paralleli a volte paradossali.

Il rischio è quello di ricadere, a volte, nel  “deja vu”.

Infine, sebbene i racconti onirici denotino una forte ricerca nello stile e nel linguaggio, c’è uno sbilanciamento tra l’esercizio stilistico e i contenuti, che rischiano di soffocare in questi giochi intellettuali.

La bellissima leggerezza degli aforismi (della prima parte del libro) non dovrebbe approdare, come ultima meta, all’intricato labirinto di pensieri della seconda parte.

 

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