Ideatore: Nic Pizzolatto

Attori: Mahershala Ali, Stephen Dorff

Prima edizione: anno 2019

 

 

Il nostro giudizio: OTTIMO

Recensione: Maria Giovanna

 

Come si dice in questi casi, non c’è due senza tre e ci ritroviamo ad analizzare la terza stagione di una serie televisiva che non sempre ha riscontrato il plauso del pubblico, parliamo della serie True detective. Come nelle precedenti cambiamo personaggi e ambientazione, ma questi riescono a fondersi tra di loro in una zona dell’Arkansas arida, desolata e inquietante.

La trama è incentrata su di un caso del 1980: la sparizione di due bambini, fratello e sorella (i fratelli Purcell), usciti in bicicletta e mai tornati a casa. Il caso viene affidato ai detective della Polizia di Stato Wayne Hays (Mahershala Ali) e Roland West (Stephen Dorff). Il bambino verrà ritrovato morto mentre della bambina si perderanno le tracce per anni. L'indagine prende vita, scoprendo fin da subito un contesto familiare malsano con due genitori fragili, inspiegabili buchi nelle stanzette dei fratelli e zii sospetti. Il caso Purcell intriga e coinvolge, soprattutto perché apre inquietanti scenari di abusi e violenza che molto spesso ignoriamo nonostante le pagine di cronaca siano, purtroppo, piene di queste storie.

Il detective Hayes è l’anima e il corpo in tutta la serie, la bravura dell’attore Ali è evidente per chiunque guardi la serie. Infatti, l’attore, riesce a dare vita alle fragilità con cui il personaggio è costretto a vivere da anni ma, cosa più importante di tutte, riesce a sfumare il personaggio stesso nei diversi periodi che i vari salti temporali ci offrono. Nel 1980 è un giovane incline nel credere all’amore, istintivo e a tratti acerbo; nel 1990 è già un uomo che porta dentro di sé rancori e risentimenti; nel 2015 un uomo anziano con il rimpianto di quella che è stata la sua vita passata e che l’attore riesce magistralmente a mettere sullo schermo grazie al suo sguardo. Negli occhi del vecchio Hays, dietro gli occhiali da vista, oltre al pentimento si evince il grande vuoto d’amore oramai irrecuperabile.

Di contro, troviamo il suo compagno, West, che invece esprime le proprie emozioni in modo esplicito e dimostrando molta più empatia del collega con i parenti, in particolare modo con il padre, dei fratelli Purcell. Lui fa da contrappeso al suo collega e potrebbe apparire un personaggio minore ma, in realtà, non è così, rappresenta la concretezza che manca al personaggio principale. Un altro personaggio che potrebbe sembrare secondario è quello di Amelia (Carmen Ejogo), moglie del detective Hayes che decide di scrivere un libro sulla sparizione dei fratelli Purcell che porta, almeno in apparenza, ostilità e conflitto all’interno della coppia ma che, in realtà, diventerà il collante fra i due. Questi due personaggi potrebbero sembrare marginali ma in realtà Pizzolatto ha deciso di dedicare questa terza stagione ad un solo personaggio e, come nella prima, si è avvalso di altri personaggi che sono complementari al protagonista.

Questa terza stagione si avvicina molto alla prima per quanto riguarda l’animo tormentato del suo personaggio principale, infatti, se Rust esprimeva il suo malessere con Hays abbiamo un uomo che si chiude a riccio, tace e rimane ermetico fino alla fine. Hays è un uomo che, in realtà, non ha mai abbandonato la giungla vietnamita, non è mai stato realmente soddisfatto della sua vita e del suo posto nel mondo. Un uomo che è stato figlio, soldato, padre, marito, collega ma che non ha mai trovato la sua pace nel mondo.

Nic Pizzolatto ha riportato in auge il genere thriller nelle serie televisive. Ha ispirato congetture, ha inquietato e ha tenuto stretti alla poltrona gli spettatori che si sono ritrovati dentro un caso torbido con dei risvolti inaspettati utilizzando, come sempre, la sua bravura nella stesura del copione e attraverso i dialoghi.

 

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