EDUCAZIONE SIBERIANA

 

 

Autore: Nicolai Lilin

Anno: 2009

Ed: Einaudi

 

Il nostro giudizio: OTTIMO

Recensione: Marypollon

 

Tre sono gli elementi che mi hanno sempre portato ad adorare quest’opera di Lilin.

 

Il primo è la forte credenza che sia FOLLE possedere o anche solo provare a gestire ciò che non si puo’ amare, il potere non puo’ essere disgiunto da un certo “cuore” nell’esercitarlo, pena la necessaria ed inevitabile perdita dello stesso potere.

 

Il secondo è il legame con le “regole” del mondo animale, puro ed istintivo, il cui punto di massima si riscontra nella leggenda del lupo, e che implica che la fame, ed il successo materiale, vadano e vengano, ma la dignità una volta persa non ritorni più, e sia preferibile rinunciare al denaro che alla medesima.

 

Il legame tra il crimine e la forma d’arte, espressa dai tatuaggi di Nicolaj,  è il terzo elemento che mi ha affascinato di quello che è probabilmente una delle opere che mi ha maggiormente influenzato.

 

Siamo in una zona geografica (Transnistria ai confini con la Moldavia) lontana dalle regole civili comunemente accettate dove si vive secondo un codice criminale preciso che regolamenta ogni relazione, ogni comportamento, un codice d'onore a tutti gli effetti.

 

Siamo negli ultimi anni ottanta, mentre l'America sforna film, jeans e rock, nel quartiere di Fiume Basso i bambini iniziano ad avere i primi approcci con coltelli e risse che oggi neanche possiamo immaginare. Kolima racconta la sua vita e le sue vicende accadute nella comunità di Fiume basso composta da "criminali onesti" che radicano le loro origini dalla Siberia, essi sono criminali perché rubano lo Stato, i banchieri e le istituzioni, uccidono e si vendicano, ma sono onesti perche lo fanno nel nome del Signore e per l'odio (giustificato) verso le autorità che non guardano i cittadini con gli stessi occhi. Le avventure di Kolima sono raccontare in maniera cruda e feroce dell'autore che trasmette molte sensazioni forti al lettore senza usare un linguaggio troppo ricercato anche perché non adatto al contesto. In una parola: adrenalina.

 

 

Il romanzo cavalca spesso la forma dell’autobiografia per narraci le vicende di formazione di un ragazzo e del suo “clan” all’interno di una comunità criminale siberiana.

La violenza e la crudeltà sono ampiamente descritte in combattimenti, imboscate e risse. L’autore utilizza un linguaggio semplice e crudo per descrivere quello che, a detta sua, è di fatto la sua storia, dall’infanzia alla post adolescenza.

La bravura dell’autore sta nel farci appassionare alla tradizione criminale siberiana, all’odio ed alla ribellione contro certe forme di ordine costituito ed a presentarla quasi come un atteggiamento necessario, indispensabile, da non condannare, o meglio ancora “etico”.

La cultura e il simbolismo dietro i tatuaggi siberiani sono a mio avviso affascinanti, il tatuatore è come un confessore, che imprime la propria storia sul corpo del soggetto.

 

La preghiera e le armi vanno sempre assieme, di pari passo- affascinante richiamo alla necessità di coltivare sia la parte spirituale che la parte di necessario “stare al mondo”.

 

 

La picca è come la croce, ci accompagna per tutta la nostra vita

Dobbiamo avere rispetto per tutti gli esseri viventi, eccetto che polizia banchieri usurai rubare ai quali è permesso

 

 

La violenza, il rispetto e la spiritualità, in dimensioni superiori o meglio diverse a quella della fede “convenzionale”, sono indissolubilmente legate; ho molto amato il richiamo ai valori del mondo animale, di indipendenza all’interno di un clan, di coraggio, di autodifesa, di caccia, di protezione del più debole.

 

Temi forti quindi in questo romanzo: amicizia, odio, tradimento, amore, il ritrovarsi ultimo testimone di una cultura che sta scomparendo, i  radicali cambiamenti sociali e la novità dell’introduzione della droga.

 

I due personaggi principali rappresentano due modi diversi di reagire a un cambiamento pesantissimo e strutturale (chi rimarrà fedele alla tradizione e chi vorrà conoscere una vita diversa).

 

La figura meravigliosa di nonno KUZIA – interpretata magistralmente nel film diretto da Salvatores da JOHN MALKOVICH – avrà un enorme impatto nella sua educazione, dato che rappresenta colui che tramanda un passaggio di regole che i più giovani sono ansiosi di imparare e di seguire.

 

NONNO KUZJA è il simbolo di una famiglia particolare, incredibilmente unita , dove il nonno si sta avvicinando alla morte, ma non è preoccupato dall’essere pronto alla morte, ma il fatto che ciò che lo circonda non gli piace

Rimarca quindi, come un leone ferito, se stesso, la propria cultura e ciò che ha vissuto.

 

Kuzia prepara Kolima, il protagonista, per una vita come questa, che sceglierà poi consapevolmente.

 

 

Nicolai, detto Kolima, è il narratore nonché protagonista dell’avventura, è un giovane siberiano nato e cresciuto a Fiume Basso, località dove la storia è ambientata. Sin dalla tenera età viene cresciuto nel rispetto della famiglia, degli anziani, dei “voluti da Dio” e nella deferenza verso quei dogmi di criminalità in cui tutta la sua comunità vive. Essendo quest’ultima costituita da tutti quei criminali che a partire dal termine del Secondo Conflitto Mondiale sono stati deportati dal Governo Sovietico nella zona della Transnistria, questa popolazione non può essere diversamente costituita vivendo dunque in una realtà che sembra quasi “parallela”; una realtà dove la giustizia ha caratteristiche sue proprie e dove i poliziotti, gli uomini corrotti  costituiscono il “male della società” da cui è indispensabile difendersi.

 

Un iniziale spunto di riflessione gli viene offerto dalla vita carceraria; esperienza e circostanza a cui da sempre i giovani di Fiume Basso sono stati preparati definendosi quasi implicitamente quale loro “battesimo criminale” ma che si dimostra essere agli occhi di Kolima estremamente diversa dagli insegnamenti che ha ricevuto.

 

Un secondo imput è invece offerto dalla vicenda “Ksjusa”. La vita della ragazza viene irrimediabilmente spezzata dalla prepotenza e della violenza umana; Kolima con Gagarin e tutti i suoi amici riuscirà a vendicarla ma più andrà avanti nella ricerca dei criminali, più si avvicinerà il momento di aver giustizia e più sentirà dentro di se “un vuoto”, comprendendo che ciò che è stato rubato a Ksjusa non le potrà mai essere restituito.

 

  1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 Rating 3.50 (2 Votes)

 

DI SEGUITO UNA BREVE INTERVISTA CON L'AUTORE

 

1 - il rapporto con il denaro e la (non) dipendenza dal medesimo.... il gestire denaro, potere, aiuti (soprattutto verso il più debole) non deve essere in alcun modo collegato con atti di ostentazione, e folli spese, se non verso armi ed icone .... La vera forza deriva dal gestire senza essere dipendenti , in modo tale da accrescere la propria forza spirituale .... una forma di incorruttibilità e di autocontrollo. Mi confermi che ho inteso bene?

 

- Hai inteso bene. Le persone che mi hanno cresciuto erano perfetti anarchici e come tali erano contrari a qualsiasi forma di dipendenza. Dipendere da qualcosa significa essere debole, corrottibile, ricattabile, nocivo per gli altri, uno che abusa della società. Il denaro, così come la visione del benessere, era basato sull'idea della vita di comunità intera, senza evidenziare gli individui. Opposto alla società nella quale viviamo oggi, ipocrita e turboliberista, dove il diritto di una persona di vestirsi alla moda, consumare ed esprimere pubblicamente le proprie libertà astratti come sessualità o la fede religiosa, si ottiene massacrando milioni degli umani dei paesi sfruttati, privi persino dei diritti primari. 

2 - l'importanza dell'appartenenza ad una comunità , - si vede bene dai racconti in prigione in cui l'individualismo non permette sopravvivenza, della tutela del debole, e della mediazione tra comunità criminali - il santo è colui che sa mediare nell'interesse di tutti, ma non ha nulla per se. Cosa mi puoi dire su questo tema ?

 

- la comunità è tutto, l'individuo che non. vuole vivere nella comunità come parte di essa di certo la vuole sfruttare, stando a distanza. Non esistono gli eremiti, la religione insegna che il comportamento di allontanamento dalla società non è altro che l'esca per attirare l'attenzione della comunità e trarre i benefici. I preti convincono le persone della propria vicinanza a Dio perche si allontanano dalle più semplici regole sociali, si comportano da coloro che stanno fuori, alla fine manipolando le masse. Solo colui che dimostra di essere parte della società senza mai chiedere, ma a contrario, contribuendo al benessere di tutti, è una persona onesta. In prigione questa filosofia si percepisce in maniera ancora più acuta. Lindividualismo non può essere tollerato nel luogo dove vivono insieme le persone ai quali sono state portate via le cose piu preziose, ovvero la liberta e il tempo. In quei posti la gente è unita per forza dal sentimento di privazione, limitazione, sopruso. Se trasformarli negli individualisti si rischia di ottenere un'esplosione di energia negativa, il che si può notare in molti carceri statunitensi, ad esempio. L'unico modo di preservare la propria umanità è accettare di essere parte della comunità, proteggere i suoi membri più sfortunati, mantenere un livello di dignità condivisibile tra tutti. 

3- il ruolo delle klava, come Zia Anfisa, delle spose della comunità criminale, dedite alla medesima, all'amore con i criminali all'aiuto che veniva dato loro usciti di prigione per riorganizzarsi ed alla gestione di piccoli traffici .In generale hai qualcosa da aggiungere sul rapporto donne e criminalità?

 

- nella criminalità organizzata russa le donne sono considerate pari all'uomo, hanno stessi diritti, devono semplicemente  dimostrare di essere capaci di far parte della comunità criminale, avere le doti personali, essere forti, come anche devono dimostrare gli uomini stessi. I "klava" sono donne comuni, quelle che si sposano con il crimine e vivono da sue mogli. Esistono le "shalava", donne che si dedicano al divertimento con i criminali, loro hanno obbligo di dare le prestazioni sessuali a qualsiasi criminale, in cambio vengono mantenute dalla comunità criminale. Spesso trattate con sprezzo, tanto che "shalava" nella lingua di strada è anche un'offesa. Ci sono anche le donne leader delle bande, criminali autorevoli che comandano uomini e hanno il peso na comunità criminale. 

 

4 – Ci parli della tua nuova opera?

Il mio libro Il Marchio Ribelle è una continuazione del mio primo romanzo Educazione Siberiana, che tratta una serie di argomenti che per motivi stilistici non ho potuto sviluppare nel mio primo libro. Così, in particolare parlo della guerra generazionale che ha diviso la nostra società con l'arrivo delle nuove tipologie dei crimini, come il traffico di droga, per esempio.